Sapeva le forme delle nuvole australi dell’alba del 30 aprile 1882 e poteva paragonarle nel ricordo con le venature di un libro rilegato in pelle che aveva visto una sola volta e con il tracciato della schiuma che un remo sollevò nel Rio Negro alla vigilia dell’impresa del Quebracho.

Quei ricordi non erano semplici, ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, ecc. Poteva ricostruire tutti i sogni, tutti i dormiveglia. Due o tre volte aveva ricostruito un giorno interno; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva richiesto un giorno intero. Mi disse:”Ho più ricordi io da solo di quanti ne avranno avuti tutti gli uomini da che mondo è mondo”.(..) Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Pensare significa dimenticare differenze, significa generalizzare, astrarre. Nel mondo stipato di Funes, non c’erano altro che dettagli, quasi immediati.

Jorge Luis Borges Funes o della memoria, in Finzioni (1944)

 

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